Il presidente dell’Associazione Stampa Toscana, Sandro Bennucci, che ha presieduto il corso, ha ricordato che “uno dei più subdoli bavagli contro il quale il sindacato dei giornalisti si batte è quello del precariato, che costringe tantissimi colleghi non contrattualizzati ad avere molte meno tutele nei confronti di chi lavora perché le loro notizie non arrivino sulle pagine dei giornali”.
Il corso - organizzato anche grazie all'impegno di Stefano Fabbri, tesoriere Ast e per decenni collega di Guido Columba all'Ansa - è stata una preziosa occasione di confronto per l’intervento del procuratore aggiunto di Firenze, Luca Tescaroli, che ha sottolineato più volte il pubblico interesse che riveste l’informazione, pur in una situazione in cui esso si deve contemperare con altri diritti soggettivi. Troppa, secondo il magistrato, l’attenzione dei media sulle indagini rispetto a quella poi riservata al processo e alla sentenza, che è il momento “più vicino alla verità giudiziaria di un fatto”.
Il punto di vista dei cronisti è stato ribadito da Enzo Quaratino, per anni caporedattore della redazione Cronache italiane dell’ANSA, da Franca Selvatici, storica firma della cronaca giudiziaria de La Repubblica. Quaratino si è soffermato su quanto i disegni di legge ed i provvedimenti volti a regolamentare la pubblicazione delle intercettazioni si siano sempre trasformati in un ostacolo al lavoro del cronista: molto delle grandi inchieste che negli ultimi anni sono state al centro dell’attenzione da parte dei cittadini sarebbe ancora oggi ignoto se avesse prevalso quel genere di regole. Così come impossibile è l’ipotesi di pubblicazione di rettifiche senza entrare nel merito del loro contenuto. Paradossalmente, aveva esemplificato Luciana Borsatti, un arrestato potrebbe chiedere, dal carcere, di pubblicare una rettifica in cui afferma di essere in libertà. Franca Selvatici ha ripercorso alcune delle più importanti inchieste giudiziarie in Toscana evidenziando come alcuni atti ed informazioni in essi contenuti abbiano determinato grande interesse dei cittadini anche a costo di querele temerarie nei confronti dei cronisti, cioè azioni legali di richieste di risarcimento di ingenti somme di denaro destinate a non avere esito ma che possono condizionare i media fino a decidere di non parlare più di una determinata vicenda. Tutti gli interventi hanno concordato sulla necessità di escludere il carcere per i giornalisti accusati di aver favorito la cosìddetta “fuga di notizie”.
Dopo il saluto del Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti portato al corso dal consigliere Alfredo Scanzani, una importante testimonianza è arrivata da Alberto Spampinato, giornalista, fratello del collega Giovanni Spampinato, ucciso dalla mafia, direttore di “Ossigeno per l’informazione”, l’osservatorio sui giornalisti minacciati. “Non ci sono – ha detto -minacce grandi o piccole, più o meno gravi: ci sono reati che vengono compiuti nei confronti dei cronisti e che vanno perseguiti”. Tra i dati di Ossigeno, infatti, quello sull’assenza di esito giudiziario nelle inchieste sulle minacce ai giornalisti che, nel 2019, supera il 90%. Le sintesi degli interventi al corso saranno presto pubblicati sulla newsletter dell'Ast.