Parto da una premessa. E la esprimo con la massima franchezza. Con il travagliato passaggio di 15mila giornalisti contrattualizzati e di 8mila pensionati dal privato (INPGI) al pubblico (INPS) è venuto meno un collante che teneva insieme operatori dei Media di generazioni diverse. Ora è compito in particolare del Sindacato (la FNSI e le sue articolazioni regionali) rigenerarlo e ricrearlo, aprendo una riflessione a tutto campo. Necessaria non meno delle misure da introdurre contro le inadempienze contrattuali, normative e legislative che il settore dell’informazione si porta dietro da anni e che ben si avvertono nello scenario di una crisi senza precedenti, che purtroppo non lascia intravedere una inversione di rotta a breve, ma anzi fa temere che non cesseranno i prepensionamenti ed i tagli soprattutto nei giornali con una diffusione regionale circoscritta.
Certo, a questa riflessione dobbiamo contribuire anche noi giornalisti pensionati. Non solo per le ricadute previdenziali, ma per quel patrimonio di storia ed esperienze che possiamo ancora offrire al confronto tra parti sociali e istituzioni. Quindi compatti dobbiamo far sentire la nostra voce e sostenere il Sindacato unitario e l’Ordine nazionale nell’avvio di un confronto su un percorso di riforme che il nuovo governo con la premier Giorgia Meloni si è detto disponibile ad affrontare. A partire da una nuova legge di sistema, che consenta di affrontare le criticità legate alla transizione digitale e al ruolo sempre più invasivo che si pretende di assegnare all'intelligenza artificiale. Occorre concentrare l'attenzione sul lavoro dei giornalisti, contrastando il precariato dilagante, senza dimenticare i provvedimenti che da tempo attendono il via libera delle Camere, come le norme di contrasto alle querele bavaglio. Soprattutto su un punto sono d’accordo con gli attuali vertici della FNSI: l'informazione professionale non può prescindere dalla qualità del lavoro al quale vanno riconosciuti i giusti diritti e le imprescindibili tutele. Così come condivido la preoccupazione del presidente dell'Ordine nazionale per il triste primato dell'Italia, «Paese europeo con il maggior numero di giornalisti sotto scorta per la loro attività (22), che ha avuto il maggior numero di giornalisti uccisi per il loro lavoro (30 in sessanta anni)» oltre al «numero più alto di minacce e aggressioni contro gli operatori dell'informazione e un numero elevato di azioni giudiziarie di stampo intimidatorio contro i cronisti», che spesso finiscono nel nulla. Sono poi altrettanto d’accordo con gli attuali vertici dei nostri organismi sindacali e professionali che governo e parlamento debbano affrontare, per assicurare un giornalismo responsabile ad un Paese moderno, il tema delle nuove regole, ovviamente nel rispetto della nostra Costituzione: siamo legati ad una legge professionale che fra poco compie 60 anni, con princìpi ancora validi, ma che presenta tante norme obsolete e inadeguate.
Ora siamo alla vigilia di due Congressi (dopo il nostro, a febbraio ci sarà quello della FNSI a Rimini) che alcuni chiedono siano di rifondazione mentre altri di rinnovamento. Basterebbe che entrambi segnassero un cambiamento reale. Lo dobbiamo pretendere dai nostri organismi dirigenti, che - è previsto sia per la Federazione che per l’UNGP - andranno incontro a un avvicendamento e perché la situazione impone una svolta.
Riassunti in breve quelli che sono i maggiori problemi della categoria, dobbiamo innanzi tutto chiederci quali siano gli spazi di azione per l’UNGP e per i Gruppi regionali dei giornalisti pensionati all’interno delle Associazioni, e cosa si possa fare per incidere di più tenendo conto della nostra non irrilevante percentuale di iscritti. E allo stesso tempo dobbiamo avere il coraggio di chiederlo anche alla FNSI che nel suo Statuto ci riconosce - insieme all’USIGRAI - come “sindacato di base”, cosa ben diversa dai gruppi di specializzazione. Ritiene ancora utile questo nostro ruolo? Se la risposta è affermativa, ha senso prevedere una semplice funzione consultiva nella Giunta esecutiva oppure non è il caso di segnare negli statuti un riconoscimento pieno nella fase deliberante, in virtù del “peso” di rappresentanza?
La stessa domanda dobbiamo porla alle nostre Associazioni e studiare insieme la giusta collocazione ed una rappresentanza adeguata nelle consultazioni elettorali, evitando ovviamente inutili contrapposizioni o sovrapposizioni. In una FNSI che con le sue articolazioni regionali sarà sempre più assorbita - insieme all’Ordine - dalle grandi riforme dell’editoria e dell’informazione in generale; che deve riprendere la dura battaglia con gli editori per il rinnovo di un contratto congelato da ben nove anni e che sicuramente non frena il precariato e lo sfruttamento dei colleghi più giovani; un sindacato che deve assicurare con minore risorse a disposizione servizi ai giornalisti attivi ed a quelli pensionati, penso che l’Unione ed i Gruppi pensionati possano sempre essere un punto di riferimento utile per i colleghi, non solo per tenere vivi i temi della perequazione e del pagamento dell’ex Fissa a chi non l’ha interamente riscossa. Ma in special modo per agevolare il rapporto con i vertici e le strutture nazionali e territoriali del Sindacato stesso, alla ricerca di una interlocuzione concreta e costante con l’INPS per dare ai giornalisti attivi e pensionati le informazioni pratiche di cui hanno bisogno.
Per realizzare Idee e progetti nuovi, dobbiamo dare spazio ai colleghi che hanno lasciato le redazioni negli ultimi anni e soprattutto essere aperti a proposte che diano forza all’UNGP e ne favoriscano il rinnovamento. Dobbiamo cogliere al volo la loro disponibilità, emersa chiaramente dal sondaggio promosso lo scorso anno dall’UNGP e pubblicato dalla “Fondazione Murialdi”. Molti si sono dichiarati pronti a collaborare, soprattutto nell’ambito della formazione, delle ricerche e degli eventi culturali, teatrali e musicali. Alla formazione anche qui in Toscana sono interessati i giornalisti pensionati più giovani che non vogliono perdere i contatti col mondo del lavoro. E l’AST offre un buon ventaglio di proposte. Come Gruppo vedremo invece come non disperdere l’interesse culturale e ricreativo dei nostri associati - bloccato purtroppo dal lungo lockdown per l’epidemia Covid - mediante accordi con alcune Associazioni culturali di Firenze e della Toscana. Consapevoli però del fatto che il nostro impegno sindacale deve caratterizzarci più che per l’attenzione riservata al cosiddetto “tempo libero”.
Il passaggio dall’INPGI all’INPS richiede modifiche statutarie. Necessarie soprattutto se verrà ridefinito il ruolo dell’Unione all’interno della FNSI come sindacato di base, non per creare - come dicevo - contrapposizioni, ma per dare un senso alla nostra presenza ed alla partecipazione dei pensionati alla vita del Sindacato stesso, chiamato ad assicurare tramite le Associazioni territoriali continuità di Servizi, nonostante il venir meno, con lo scioglimento di INPGI 1, di una parte cospicua di risorse. Problema, quello delle risorse, che si pone anche per l’UNGP e di riflesso per i Gruppi regionali dei giornalisti pensionati. Da tempo l’Unione chiedeva alla FNSI di svolgere una mediazione con le Associazioni territoriali affinché contribuissero al finanziamento in proporzione ai loro iscritti. La mediazione non c’è stata o comunque non è andata in porto. Ed ora anche l’AST, di fronte alle insorte difficoltà di bilancio, si è adeguata alla decisione della Consulta sindacale di chiedere una diversa ripartizione (retroattiva: a partire dal luglio 2022) della quota sindacale di servizio dello 0,30% prelevata dalle nostre pensioni. Così lo 0,10% spetterà alla FNSI e lo 0,20% all’AST al pari delle altre Associazioni. L’AST comunque - così ha deliberato il direttivo presieduto da Sandro Bennucci - “si farà carico degli oneri relativi al funzionamento degli organismi del Gruppo regionale pensionati, garantendone la piena operatività”.
Per il Gruppo toscano la situazione sostanzialmente non cambia, visto che nel 2021 e nel 2022 dalla ridistribuzione della quota di servizio è arrivato da Roma un contributo annuo di 1.600 euro, contro gli 11 mila euro entrati in cassa fino al 2019, cioè prima che la nostra Associazione richiedesse un ulteriore 0,05% in aggiunta allo 0,10 che già percepiva. Nonostante i tagli, grazie ai risparmi del passato, siamo riusciti ad alimentare il “Fondo di solidarietà Marco Morelli” creato dall’AST per aiutare colleghi più giovani penalizzati dal precariato.
Ma se la FNSI vorrà che l’Unione pensionati continui ad operare, dovrà assicurarle un minimo di risorse. Altrimenti sparirebbe come sindacato di base. E forse, in fondo, poco senso avrebbero i nostri Gruppi, anche se non possono non tener conto della mutata realtà. Come vedete, ai prossimi Congressi UNGP e FNSI ci sarà molto su cui discutere per dare, con nuovi vertici e organismi rappresentativi, maggior impulso al Sindacato dei giornalisti.
Antonio Lovascio – Presidente Gruppo Giornalisti Pensionati dell’AST