Ast e Arga: successo del seminario ai Georgofili

Ha avuto successo, come adesioni e non solo, il corso per giornalisti organizzato da Assostampa e Arga Toscana in collaborazione con l'Accademia dei Georgofili a Firenze .

Oggetto dell'incontro, la Bioversità, acque, suoli e il caso del Padule di Fucecchio. In attesa di pubblicare le relazioni integrali dei relatori, ne proponiamo una sintesi.

Il Presidente AST Sandro Bennucci nell'introdurre il corso, ha ricordato con nostalgia gli amici Presidenti dei Georgofili Franco Scaramuzzi e Giampiero Maracchi. Scorrendo i suoi ricordi di cronista, rispetto ai problemi che Firenze ha avuto a causa dell'acqua, informa che la prima alluvione citata dalle cronache risale al 1177, seguita poi da un'altra nel 1269, alle quali se ne aggiunsero ben altre 64. La penultima nel 1844, che precedette quella che tutti ricordano del 1966, della quale anche lui fu giovane testimone.  Nel citare Giampiero Maracchi, fondatore del LAMMA, l'osservatorio meteorologico, ha ricordato che era presente allora, quando fu coniata per la prima volta dall'Accademico prof. Maracchi la definizione "bomba d'acqua", che tristemente risuona in questi tempi di alluvioni che si susseguono.

Franco Polidori, che insieme a Bennucci  ha condotto il seminario,  ha ringraziato i relatori, ai quali l'Arga ha fatto omaggio di una raccolta di testimonianze ("Il Gioco del Chiaro - Cento Anni nel Padule di Fucecchio") scritta a due mani da Giovanni Franceschi, da poco scomparso, e Coletta Quiriconi, ambedue nati e vissuti per tutta la vita  "a gronda di padule", vivendo nella pratica tutte le attività della tradizione, la pesca, la caccia, la raccolta delle essenze palustri, sapienti osservatori di un cambiamento sociale e ambientale fino alla realtà odierna. Polidori ha ringraziato anche i convenuti, ai quali è stato fatto omaggio di un CD con immagini e suoni della palude, realizzato dal fotografo naturalista Luigi Bellandi, che fino al 31 di ottobre espone le sue foto al Centro Visite di Castelmartini, Larciano, nel pomeriggio del sabato e della domenica.

Gaia Checcucci, Segretario Generale dell'Autorità di Bacino dell'Appennino Settentrionale, ha trattato con dovizia di particolari il tema del  rischio idrogeologico, che comporta un approccio interdisciplinare, fra attività produttive, infrastrutture, tutela della biodiversità. Il bacino dell'Arno, ha detto,  è fra i più pericolosi in Italia. Con l'aggravante che a volte il problema si complica quando anche le norme più elementari vengono ignorate. Risultato: alluvioni e frane. Nella gestione del complesso sistema imbrifero a volte si compiono, volontariamente o involontariamente, anche degli errori, che spesso sono forieri di conseguenze molto pericolose.

Zeffiro Ciuffoletti, accademico emerito dei Georgofili, ha salutato i convenuti anche a nome del Presidente Vincenzini, impossibilitato a partecipare direttamente, perchè impegnato in un incontro istituzionale. Nell'introdurre il tema, ha evidenziato come purtroppo le aree umide in Italia siano colpevolmente diminuite nel tempo, mentre  - le residue - costituiscono ancora un patrimonio ricco di vita, da cui ottengono benefici anche tutte le terre circostanti. Ha fatto anche riferimento alle importanti ricerche del collega Prof. Leonardo Rombai, storico dirigente di Italia Nostra,  e illustre esperto di acque e zone umide.

Lidia Bai, Consigliere Federparchi, vicecoordinatrice della Consulta Federparchi e presidente del Parco delle Colline Metallifere, patrimonio di "geodiversità", ha fatto riferimento all'Agenda Verde Europea, che denuncia le tante emergenze ambientali; quella dell'acqua è una delle più importanti, e  sollecita il passaggio alle energie rinnovabili. Ha evidenziato che rispetto a tutti i problemi dell'ambiente e dell'acqua in particolare è indispensabile adottare al più presto sistemi sociali economici e ambientali basati sulla sostenibilità, per non alterare ulteriormente gli ecosistemi. Il ruolo dei parchi e delle aree protette, prezioso per il mantenimento della biodiversità e la conservazione delle specie animali e vegetali,  non è determinante - in Italia le aree protette coprono il 20% del territorio, l'obbiettivo europeo punta al 30%  - , ma racchiude una grande importanza in quanto patrimonio di conoscenza da tenere in considerazione anche per la gestione dell'altra parte del territorio. Fra le specie a rischio, più che nei confronti delle specie più note, particolare attenzione andrebbe posta nei confronti degli insetti, che rivestono un ruolo importante nell'ecosistema, soprattutto gli impollinatori. Occorre favorire l'integrazione fra uomo e ambiente per la salvaguardia dei valori antropologici, pena il rischio dell'abbandono,  anche tramite la promozione di un turismo sostenibile.  Occorre sperimentare nuovi modelli sociali e produttivi, in sinergia fra tutti gli interessati. Essenziale il mantenimento delle foreste: costituiscono una importante risorsa idrica e abbattono il CO2. Occorre immaginare i parchi in funzione di un rapporto equilibrato fra agricoltura, pesca sostenibile, turismo. Per  nuove prospettive di transizione ecologica è necessario mettere in rete il patrimonio delle aree protette, sia a livello nazionale, sia a livello internazionale.

Zeffiro Ciuffoletti, studioso della storia e delle realtà toscane, ha introdotto l'argomento invitando a non cancellare il passato: è un grave errore. Nel ripercorre la storia delle paludi toscane ha fatto riferimento alle vie d'acqua toscane alle quali i Medici, e successivamente i Lorena,  avevano dato primaria importanza per i commerci e per sviluppare il sistema annonario: lungo il percorso dell'Arno fondarono 30 fattorie, svilupparono la produzione sistematica dei cereali e  costituiscono l'Annona, cioè l'ammasso di grani, portando la Toscana a diventare uno dei più importanti granai d'Italia. Danno inizio alle bonifiche (nell'ultimo secolo favorite anche per debellare la malaria, soprattutto in Maremma) e alla sistemazione imbrifera delle paludi, sia in Maremma ma anche nel Padule di Fucecchio, fonte di vita delle popolazioni rivierasche e non solo. La raccolta dei prodotti vegetali, soprattutto, ma anche la pesca e la caccia sono risorse molto importanti. Importantissima anche oggi la caccia: solo vivendolo si può capire il Padule. Per conservarlo in vita va difesa la sua cultura, la sua storia, le sue tradizioni. Tornare ad un eden primitivo è molto pericoloso. Occorre agire con equilibrio per conservarne il patrimonio, sostenendo con giudizio i residui valori economici.

Ventavoli. Presidente del Consorzio Basso Valdarno, per la manutenzione del Padule, ha fatto riferimento all'attuale attività del Consorzio che ha come obiettivo primario quello della gestione delle acque (ripristino dei canali e gestione dell'area), attraverso la manutenzione di tutti i fiumi e torrenti della Valdinievole che affluiscono nel Padule, da dove sfociano in Arno. Per la vitalità del Padule (che fa parte della Convenzione di Ramsaar e del progetto europeo denominato Natura 2000) ha definito determinate la presenza attiva dei privati. Su circa 1800 ettari del cratere, solo 207 ettari sono di proprietà pubblica, costituita in area protetta. Attraverso la visione di una serie di bellissime immagini del Padule prese dall'alto, ha evidenziato l'importanza svolta dai privati per la conservazione dell'area palustre. Se non ci fossero i chiari con gli appostamenti di caccia, che garantiscono una presenza costante di preziose specie animali e vegetali, il Padule diventerebbe presto un'ammasso di vegetazione tendente a colmata e quindi a scomparire. Ha informato che dopo l'approvazione del regolamento di gestione, insieme alla Regione e agli altri soggetti interessati, si sta mettendo mano alla definizione di un Disciplinare con l'obiettivo di rendere più efficiente la gestione delle acque, da auspicare presenti durante tutto l'arco dell'anno, e degli sfalci periodici della vegetazione palustre. Per questo ha sostenuto che è importante la collaborazione dei soggetti privati, singoli e associati,  che operano sul territorio, per sviluppare conoscenza e un turismo compatibile con la fragilità dei luoghi. Per quanto attiene all'inquinamento delle acque, ancora presente, ma in parte risolto grazie al collegamento con lo scolmatore dell'Arno, ha informato che con la definitiva messa in funzione del cosiddetto "tubone",  allacciato ai depuratori industriali di Santa Croce, si potrà fornire un determinante aiuto alla insufficiente attività del depuratore di Pieve a Nievole.

Marco Ferretti, dirigente del Servizio Faunistico dell'Assessorato all'agricoltura della Regione Toscana, ha associato le sue informazioni a una serie di mappe (reperibili da un Geoscopio regionale) che fanno da guida per illustrare le diverse realtà collegate all'utilizzo dell'area sotto il profilo ambientale, agricolo, sociale, venatorio e alieutico. Per il Padule di Fucecchio, la divisione fra due realtà amministrative ( Pistoia e Firenze) ha proposto e in parte continua a proporre due realtà in conflitto fra loro. Nell'area, il problema degli sfalci della vegetazione palustre è molto sentito. La presenza aumentata della canna palustre comporta problemi, causa la difficoltà a tenerla sotto controllo. Il dispositivo di gestione in essere non facilita la soluzione del problema, che mal si collega alla complessità del sistema. Ha ribadito l'importanza determinante dei chiari di caccia (ne sono rimasti solo 64) per la conservazione del patrimonio faunistico e vegetale. Se venisse meno questa realtà si avrebbero importanti perdite di biodiversità. Nella sostanza, si registra un aumento consistente del patrimonio  di uccelli acquatici.  Piuttosto grave la presenza di specie aliene. In particolare: nutria, gambero della California, oca egiziana, ibis sacro.