Ast: i contributi dei giornalisti P.A. sempre all'Inpgi. Chiarimento della Fnsi

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In risposta alle richieste di chiarimento pervenute alla FNSI - relativamente alla decisione della Corte di Cassazione – Sez. Lavoro assunta con Ord. Interlocutoria n. 27173 del 27/11/2020 – si formulano le seguenti considerazioni, ferma restando la competenza esclusiva dell’INPGI sulla vertenza giudiziale in oggetto.
La vicenda trae origine da un verbale di accertamento del 2007, con il quale gli ispettori dell’Istituto di previdenza dei giornalisti avevano contestato alla AUSL di Pescara il mancato versamento dei contributi previdenziali all’INPGI (per il periodo 01/01/2001 – 31/12/2006), relativamente alla posizione di due dipendenti, entrambi giornalisti pubblicisti, rispettivamente responsabile ed addetto dell’Ufficio stampa dell’Azienda ospedaliera.
Sulla vertenza si è pronunciato il Tribunale di Roma, dichiarando “l’insussistenza dell’obbligo di versamento dei contributi all’Inpgi, atteso che l’attività dei due lavoratori non era di tipo giornalistico”. Pertanto la pronuncia del Giudice di primo grado ribadiva un concetto già consolidato, ovvero, solo dove c’è svolgimento, in regime di subordinazione, di attività giornalistica prevalente (da parte di giornalisti iscritti all’Ordine), insorge l’obbligo contributivo del datore di lavoro verso la gestione principale INPGI.
Avverso tale pronuncia, l’INPGI ricorreva dinanzi alla Corte d’appello di Roma, la quale accertava che dagli atti di causa è risultato che l’Azienda Usl di Pescara (con delibera del 7 marzo 2000) istituiva l’Ufficio stampa aziendale, specificandone i compiti, e conferiva l’incarico di dirigente dell’ufficio stampa aziendale ad un giornalista iscritto all’Ordine dei giornalisti, dotato della necessaria esperienza in materia. Poi, con successiva delibera (dell’8 aprile 2003), la medesima AUSL confermava l’assegnazione definitiva di un assistente amministrativo – che già svolgeva mansioni di addetto stampa e anche lui iscritto all’Ordine dei giornalisti – come addetto stampa collaboratore, con specifico incarico di provvedere alla realizzazione dei media aziendali e curare il corretto rapporto con la stampa. Inoltre – in maniera dirimente - la Corte d’Appello rilevava che nell’attività svolta dai due giornalisti “non mancava quell’attività di mediazione tra il fatto e la diffusione della notizia che contraddistingue l’attività giornalistica. Pertanto – in accoglimento delle ragioni dell’Istituto di previdenza dei giornalisti - per gli stessi andava ritenuta obbligatoria l’iscrizione all’Inpgi”

Al fine di ottenere la cassazione della sentenza di appello, l’Azienda Usl di Pescara, ricorre prospettando quattro motivi di ricorso che qui si riportano.
1. Secondo l’azienda sanitaria, “l’obbligo di contribuzione all’Inpgi … è facoltativo per i giornalisti pubblicisti. Con riguardo all’ufficio stampa della Usl, la facoltà di iscrizione all’Inpgi può essere consentita solo per coloro a cui viene applicato il contratto nazionale giornalisti ... Diversa è la situazione dei due dipendenti della Azienda Usl di Pescara, assunti con qualifica propria del pubblico impiego, e che fanno capo al Comparto sanità, ai quali non si applica il contratto di lavoro giornalistico, e la relativa contribuzione va versata all’Inps”.
2. Sempre secondo l’azienda sanitaria “condizione unica per il versamento dei contributi all’Inpgi, è l’essere il rapporto di lavoro regolato dal Ccnl dei giornalisti. Ciò, tenuto conto dell’art. 17 cit., che àncora il versamento dei contributi all’Inpgi esclusivamente alla regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti mediante contratto di lavoro nazionale giornalistico, e non alla natura giornalistica dell’attività svolta”.
3. Inoltre, l’azienda sanitaria eccepisce che nell’attività espletata dai due giornalisti “mancavano tutti gli elementi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità al fine di definire l’attività giornalistica”.
4. Infine l’azienda sanitaria, contesta la condanna al pagamento di interessi e sanzioni sui contributi in questione.
Sui suddetti motivi l’INPGI si è, giustamente, costituito in giudizio eccependo il primo, il secondo ed il quarto motivo come inammissibili, in quanto conformi alla giurisprudenza di legittimità, mentre il terzo in quanto generico.
Come correttamente ricordato dall’Istituto, infatti, ai fini del versamento della contribuzione in proprio favore, è sufficiente l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato avente ad oggetto attività giornalistica, essendo irrilevante la natura del datore di lavoro. Ciò, sia per i giornalisti professionisti che per i pubblicisti, sussistendo la natura giornalistica del rapporto di lavoro subordinato. Nella specie, peraltro, le risultanze testimoniali deponevano a favore dello svolgimento di attività giornalistica, come confermato dalla Corte d’appello di Roma. Tuttavia, mentre il Procuratore Generale ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo di ricorso, la Corte - ritenuto che la controversia verte su questione di massima di particolare rilevanza - ha rimesso la causa al Primo Presidente “per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite”
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Tutto ciò premesso ed in attesa di conoscere le determinazioni che la suprema Corte assumerà relativamente alle sole posizioni dei due giornalisti interessati dalla questione, non si può non ricordare che l’obbligo previdenziale verso la gestione principale dell’INPGI prescinde dal tipo di contratto applicato, essendo previsto dal legislatore in presenza dei tre requisiti richiesti dall’ordinamento: l’iscrizione all’Ordine dei giornalisti, lo svolgimento di attività giornalistica prevalente e lo svolgimento della stessa in regime di lavoro subordinato.
Tale impostazione sistemica è stata recentemente confermata dalla Corte Costituzionale che – nella Sent. 112/2020, al punto 11 – richiamando proprio la pronuncia della Cassazione Civile, Sez. lavoro n. 16147/2007, ha affermato testualmente che “giova ricordare che la legge 23 dicembre 2000, n. 388 … ha previsto che anche i giornalisti dipendenti della pubblica amministrazione debbano essere iscritti all’INPGI, ente previdenziale per i giornalisti….l’obbligo di iscrizione all’Istituto di previdenza “Giovanni Amendola” (INPGI) – cui si collega quello del versamento dei relativi contributi previdenziali – insorge per il solo fatto di aver instaurato un rapporto di lavoro subordinato con un soggetto che sia giornalista professionista o praticante giornalista, a nulla rilevando la natura del datore di lavoro, sia esso un ente pubblico territoriale o un imprenditore che, pur operando in settori diversi dall’editoria, assuma alle sue dipendenze uno dei soggetti sopra indicati, assegnandogli mansioni di carattere giornalistico”.
A conferma di quanto sopra ricordato – e come può leggersi anche nell’Ordinanza in commento - si ricorda che l’obbligo di iscrizione all’INPGI è stato ricondotto alla sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, la cui prova – come avvenuto nei fatti di causa - compete all’Istituto (Cass. n. 15028 del 2018), allo svolgimento dell’attività giornalistica che ricomprende ogni attività di informazione in qualunque forma svolta ed attraverso qualunque mezzo di comunicazione diretto ad un numero indistinto di persone (Cass., n. 16691 del 2018). Le Sezioni Unite, con la sentenza n. 1867 del 2020, hanno affermato che la legge n. 63 del 1969, nella parte in cui include il giornalista professionista e il pubblicista in uno stesso ordinamento - sottoponendoli agli stessi poteri e doveri disciplinari - mostra di considerare unitariamente la «professione di giornalista», da intendersi come quell’attività «di lavoro intellettuale diretta alla raccolta, commento ed elaborazione di notizie attraverso gli organi di informazione, in cui il giornalista si pone quale mediatore intellettuale tra il fatto e la sua diffusione (le S.U., richiamano, per tutte, Cass. n. 1853 del 2016, n. 17723 del 2011; Cass., n. 2166 del 1992).

Tommaso Daquanno

Direttore generale Fnsi