AST: la firma di Belpietro è ritenuta un affronto alla storia de l’Unità

Per la storia di Belpietro, e per la storia dell’Unità, i redattori del quotidiano al momento in cassa integrazione hanno contestato la scelta dell’editore di un giornalista dichiaratamente ed esplicitamente di destra e l’hanno definito un «affronto». Belpietro, domenica 26,  ha risposto sulla Verità con un lungo articolo titolato «Bavaglio democratico. Compagni intolleranti, insultano chi li aiuta». La sua versione è che il giornalista ha «firmato per un giorno l’Unità, pur non condividendone i contenuti, solo per evitare che la testata morisse». Perché, per legge, un numero doveva andare in edicola entro il 30 maggio 2019 e Belpietro si è prestato alla richiesta dell’editore.

Tutto ciò contiene una falsità di fondo: il 25 maggio 2018 l’Unità andò in edicola per un giorno con la firma di Luca Falcone, ufficio stampa dei proprietari-editori, e fino al pomeriggio del 25 maggio 2019 i redattori convocati per il nuovo numero sapevano che sempre Falcone avrebbe firmato come direttore anche l’Unità del singolo numero del maggio 2019: poteva farlo, come era accaduto nel maggio 2018.

Nel pomeriggio di venerdì uno dei giornalisti in redazione ha scoperto che invece il direttore era diventato Belpietro. Di qui la reazione di tutta la redazione: i giornalisti che hanno redatto il numero uscito il 25 maggio hanno ritirato le loro firme dagli articoli, il comitato di redazione riceveva nella mail pec la comunicazione dell’editore (che però parla di direttore editoriale, non essenziale ai fini della pubblicazione, e non di direttore responsabile) e rispondeva con un duro commento a questa sostituzione in corsa senza spiegazioni e chiedeva tra l’altro le ragioni del cambio di direttore.

L’intera redazione ha inviato una lettera a Maurizio Belpietro direttore della Verità dove scrive tra l’altro: «L’Unità è andata in edicola anche nel maggio 2018 per salvare la testata dall’estinzione e ci è andata senza il bisogno del suo caritatevole e illuminato soccorso. Ci è andata perché allora come adesso ha un “regolare” direttore, che di norma cura l’ufficio stampa dell’editore. Lo stesso direttore che per un anno si è presentato ai tavoli di trattativa finalizzati alla riapertura e che ha lavorato in redazione con i colleghi richiamati dalla cassa integrazione fino a due minuti prima che il suo nome sparisse dalla gerenza. La verità è che inserire surrettiziamente il suo nome in gerenza quando il giornale era praticamente chiuso e stava andando in stampa è servito evidentemente a scopi che in buona parte ci sfuggono ma di cui però comprendiamo benissimo il senso politico. E pubblicitario, visto che per due giorni di questa vicenda si è parlato ovunque». Ma i redattori del quotidiano ritengono quel direttore per un giorno «un affronto alla storia dell’Unità e al suo passato culturale e politico».

Come ricordano le giornaliste e i giornalisti del quotidiano, la vicenda contiene anche una sorta di “giallo”: «All’ultimo secondo disponibile e senza che nessuno dei colleghi chiamati a lavorare ne sapesse niente, nella prima pagina del giornale è apparso un articolo vagamente incensatorio nei confronti di Matteo Salvini che faceva esplicito riferimento ad un pezzo contenuto su La Verità».

Allora perché questa operazione? Solo pubblicità? Vale solo per un giorno? «Con l’editore ci vedremo nelle sedi opportune per fare chiarezza», fa sapere il comitato di redazione. Perché l’editore dovrà rispondere di quanto avvenuto.