Il presidente Sandro Bennucci e tutti gli organismi dirigenti dell'Associazione Stampa Toscana, ribadiscono - anche dopo il pronunciamento dell'ultima assemblea regionale del sindacato - una contrarietà che sfiora l'indignazione di fronte al nuovo bavaglio messo alla stampa, sotto forma dell'emendamento Costa, nel nuovo schema di decreto legislativo, che impedisce la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Un provvedimento che non penalizza solo il lavoro dei giornalisti, esponendoli al rischio di querele, ma impedisce ai cittadini di essere correttamente informati.
Assostampa Toscana apprezza gli interventi della segretaria generale della Federazione Nazionale della Stampa, Alessandra Costante e del presidente nazionale dell'Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli, riportati di seguito integralmente.
Fnsi: "Bavaglio che l’ Europa non ha mai chiesto"
"La Federazione nazionale della Stampa italiana è assolutamente contraria a questo schema di decreto legislativo perché siamo convinti rappresenti un ulteriore passo nella direzione della limitazione di quegli imprescindibili bilanciamenti fra poteri che caratterizzano uno Stato di diritto". Lo hanno ribadito Alessandra Costante e Vittorio di Trapani, segretaria generale e presidente Fnsi, oggi in audizione in commissione Giustizia alla Camera sullo schema di decreto per l'adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva europea sul rafforzamento della presunzione di non colpevolezza. Per il sindacato dei giornalisti si tratta di "un ulteriore intervento finalizzato a smantellare quei contropoteri, in questo caso l'informazione, che rendono viva e vitale la democrazia". Un bavaglio che, "più che tutelare la presunzione di innocenza, sembra voler stringere ancora di più le maglie della libertà di informazione e del diritto dei cittadini ad essere informati previsto dall'articolo 21 della Costituzione". Quel che serve, al contrario, è "più trasparenza e non meno, più informazione, anche a tutela dei diritti dell'indagato".
Costante e Di Trapani hanno quindi evidenziato che "affermare, come fa il Legislatore, che le modifiche al Codice di procedura penale sono coerenti con il dettato della direttiva Ue è sbagliato: l'Europa pone obblighi e divieti non a carico della stampa, che anzi ne è esclusa, ma a carico dei rappresentanti delle istituzioni, politici, parlamentari. L'Europa non chiede di vietare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare. Chiede di tutelare il lavoro dei cronisti, di difendere il ruolo dell'informazione, ad esempio, dalle azioni legali bavaglio, le cosiddette Slapp, chiede di completare il processo sull'equo compenso. Ma su questo il Legislatore non fa nulla".
E invece, "obbligando il giornalista a dare la notizia facendo una sintesi del provvedimento del giudici - hanno aggiunto i vertici della Fnsi - lo si espone al rischio di cause per diffamazione e a richieste di danni. Un quadro aggravato dal combinato disposto tra questa norma e la riforma della diffamazione che prevede sanzioni pecuniarie spropositate. A farne le spese saranno soprattutto i giornalisti freelance, quelli che guadagnano meno di 20mila euro l'anno".
Infine, "c'è un dibattito sotterrano che sta emergendo sull'aumento delle sanzioni nel caso vi sia un'ondata di obiezione civile a questo provvedimento. È una cosa pericolosissima, che ancora una volta andrebbe a danno in particolare dei colleghi lavoratori autonomi, la parte più debole della categoria. I giornalisti - hanno concluso Costante e Di Trapani - hanno già un vasto codice deontologico che l'Ordine professionale è tenuto a far rispettare in caso di comportamenti che vanno oltre il diritto di cronaca"
Ordine dei Giornalisti: “no al divieto di pubblicare le
ordinanze”
"L'Ordine dei Giornalisti è contrario alla modifica dell'articolo 114 del
codice di procedura penale che vieta la pubblicazione delle ordinanze di
custodia cautelare fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero
fino al termine dell'udienza preliminare. Le ordinanze sono atti pubblici, non
coperti dal segreto dell'indagine e trattano del momento in cui un cittadino
viene privato della sua libertà".
Lo ha affermato Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine, nel corso dell'audizione in commissione Cultura alla Camera sul decreto legislativo per l'adeguamento alla direttiva UE 2016/343 sulla presunzione di innocenza.
"Riteniamo che tale decisione da parte dell'Autorità giudiziaria - ha sottolineato Bartoli - vada non solo resa nota all'opinione pubblica, ma anche ben illustrata e spiegata nelle sue motivazioni. Non è un privilegio dei giornalisti quello di fornire notizie, ma un diritto costituzionale dei cittadini ad essere informati correttamente di quanto accade. Si dice che comunque il giornalista può diffondere la notizia di un arresto tramite sintesi ma senza pubblicare, nemmeno con stralci, il testo dell'ordinanza. È come chiedere ad un cronista parlamentare di illustrare una legge senza citare una riga dei passaggi fondamentali, o di dare notizia del bilancio di una grande azienda senza riportare neppure un numero o raccontare una partita di calcio senza il risultato finale".
"Nella Direttiva europea, inoltre, non vi è alcun riferimento alla limitazione della pubblicazione degli atti di indagine - ha affermato ancora il presidente dell'Ordine in audizione -, al contrario si fa esplicito riferimento, nell'applicazione del principio di presunzione di innocenza, alla salvaguardia del diritto nazionale a tutela della libertà di stampa e dei media".
"Segnalo che siamo di fronte all'ultima di una serie di norme che tendono a restringere l'operato dell'informazione professionale. Basti pensare alle distorsioni introdotte dalla legge Cartabia, mentre per il reato di diffamazione, la proposta al vaglio del legislatore dispone un aumento spropositato delle pene pecuniarie e nulla viene messo in campo per frenare le azioni giudiziarie intimidatorie, oggetto della recente Direttiva Europea anti-Slapp. Chiediamo al Parlamento - ha concluso Bartoli - un impegno per varare leggi che garantiscano la piena agibilità per l'informazione professionale e non comprimano, invece, la libertà di stampa”.