Un’ alleanza sul linguaggio: non usare più il termine conflitto come sinonimo di guerra, perché “la guerra è morte, è il male peggiore. Mentre il conflitto è confronto, è vita, è un serbatoio di energia”. E’ la proposta ai giornalisti di Franco Vaccari, fondatore e animatore di “Rondine, Cittadella della Pace”, dove si è svolto l’evento formativo condotto da Ivo Brocchi ed organizzato dal Gruppo pensionati dell’Associazione Stampa Toscana, aderente all’UNGP e dall’Ordine dei Giornalisti della Toscana su “Conflitti e pace, l’esperienza di Rondine ed il linguaggio giornalistico nelle crisi internazionali”.
Il “modello” di Rondine, unico del suo genere, studiato a livello internazionale ed utilizzato in 25 scuole italiane, coinvolge a turno un gruppo di 30 ragazzi stranieri formato da “coppie di nemici”, di giovani provenienti da Paesi in conflitto tra loro che studiano e vivono insieme per due anni, imparando a conoscersi e a scoprire reciprocamente “l’interezza dell’umano, a sputare l’idea del nemico – ha spiegato Vaccari – per superare il fatto che la propria identità sia definita solo in base a quella idea”. Un lavoro faticoso, in primo luogo per i ragazzi che, se accettano il modello della “cittadella” aretina, studiano, vivono, dormono nella stessa stanza, mangiano insieme al “nemico”: palestinesi e israeliani, russi e ucraini, e così via, costruendo dal basso quella “diplomazia popolare” che i Paesi nemici tra loro non riescono a sviluppare.
Tre ore di ascolto e di confronto serrato tra i giornalisti e la realtà di Rondine, aperto dalle testimonianze di una ragazza palestinese e di una ragazza russa che hanno parlato rispettivamente della propria esperienza di confronto e convivenza rispettivamente con “nemiche” israeliane ed ucraine: “Non possiamo ricreare le relazioni tra Paesi, ma riusciamo a farlo tra esseri umani, che è più importante”.
L’incontro è stato aperto dall’intervento del presidente dell’UNGP (Unione nazionale giornalisti Pensionati) Paolo Serventi Longhi, che ha messo in guardia dall’ “informazione drogata sulle questioni della pace come su quella dei migranti”, sottolineando che quello svoltosi a Rondine è il primo esempio di questo genere di appuntamenti organizzato dai giornalisti pensionati, “che non sono esauriti nella loro capacità di formazione e di contributo alla professione”.
Il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Toscana Giampaolo Marchini ha colto l’aspetto di “esempio concreto di educazione rivolto ai giovani” indicato dalle parole di Papa Francesco nel suo invito a “sedersi ad ascoltare”, mentre Sandro Bennucci, presidente dell’Associazione Stampa Toscana, ha paragonato Rondine ad una “Onu che funziona, a differenza di quanto spesso accade in quella istituzionale”: Antonio Lovascio, presidente del Gruppo Toscano Giornalisti Pensionati, ha sottolineato infine come la ripartenza delle iniziative del Gruppo dopo la pausa imposta dal Covid sia nel segno dei valori rintracciabili nell’esperienza di Giorgio La Pira che “per Rondine e non solo resta un punto di riferimento”
Nella seconda parte del corso è stato affrontato il tema del linguaggio giornalistico nelle cronache di guerra, sul modo di lavorare sul fronte bellico, con la testimonianza di Giacomo Gambassi, inviato di Avvenire. Gambassi, per 4 mesi ha vissuto in Ucraina. Collegato da Marsiglia dove sta seguendo l’iniziativa sui migranti e le rotte Mediterranee, alla quale parteciperà anche papa Francesco, Gambassi ha spiegato la differenza fra i vari colleghi secondo le diverse testate. “Chi lavora per le tv si preoccupa di avere due minuti di buone immagini per un servizio, con una intervista da 15-20 secondi e un po’ di notizie per la narrazione. Chi lavora per la carta stampata deve guardare e raccontare, con testimonianze spesso complesse. Poi ci sono scelte di percorsi. Noi di avvenire abbiamo “letto” la guerra seguendo lle attività nelle e delle Chiese e del personale ecclesiastico”.
Un modo anche per superare certi limiti. “Noi giornalisti abbiamo dei pass da parte delle autorità con indicazioni di zone rosse che non possiamo violare” – ha spiegato Gambassi – se non accompagnati da personale militare che ovviamente ti fa raggiungere i luoghi da loro prescelti. Poi ognuno escogita anche propri diversi percorsi. IO, aderendo ad associazioni ed enti di volontariato cattolico, spesso ho raggiunto Chiese e Comunità in piena zona rossa e al confine con la Russia, potendo così narrare la guerra anche da altri punti di vista”.
Sul tema delle limitazioni al racconto, Gambassi ha detto che non ci sono particolari forme di censura, se non una raccomandazione a non fornire notizie che potrebbero favorire l’esercito nemico, come localizzazione di truppe, di depositi, di strutture militari in genere. “Almeno da parte mia, ma ho visto che tutti i colleghi rispettano questa regola non scritta, ma ovvia, ci guardiamo bene dall’indicare se dietro un certo palazzo, dietro una certa Chiesa o all’intero di un opificio, c’è una batteria antimissilistica che è quella che in genere salva la vita alle persone durante gli attacchi più feroci”.
Il gruppo dei Giornalisti pensionati ha proseguito la sua giornata spostandosi a Cortona per ammirare la bellissima mostra allestita in palazzo Casali sulle opere di Luca Signorelli nel quinto centenario della morte. Anche in questo caso una ottima accoglienza e guida con il supporto del collega Massimo Pucci dell’ufficio stampa del Comune.