Carcere per i giornalisti: il Parlamento ha un anno per decidere. Dalla Corte Costituzionale passo avanti nella battaglia per la libertà

Il Parlamento dovrà legiferare entro un anno sulla diffamazione a mezzo stampa, attualmente punita con il carcere per i giornalisti: la Corte Costituzionale ha infatti deciso di rinviare di un anno la trattazione delle questioni di legittimità costituzionale della norma sollevate dai tribunali di Bari e di Salerno quanto alla pena detentiva prevista in caso di diffamazione a mezzo stampa. 

Le Camere dovranno in particolare rimodulare il bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, che i giudici della Consulta hanno definito "urgente" alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, e che "spetta in primo luogo al legislatore". La decisione è stata presa nell'udienza del 9 giugno, prima in forma pubblica con la partecipazione delle parti, tra cui per la prima volta l'Ordine dei giornalisti, e poi in camera di consiglio.

"Quando si parla di una così intollerabile e anacronistica sanzione come il carcere ai giornalisti ci vorrebbe una cancellazione secca della norma, ma il segnale della Corte Costituzionale è molto forte", ha commentato il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti Carlo Verna, che esprime soddisfazione per "la perentorietà con cui i giudici delle leggi hanno investito il Parlamento". "Questa – ha detto Verna - deve essere l'occasione per una nuova legislazione per il giornalismo che sanzioni anche le iniziative giudiziarie temerarie contro la libertà di stampa". Per la Fnsi la decisione della Corte Costituzionale è "un passo avanti": "La volontà politica, espressa dal governo – afferma il sindacato unico ed unitario dei giornalisti - e dalla maggioranza parlamentare e recentemente ribadita in incontri con i vertici della Fnsi, lascia intravedere una soluzione positiva, anche se restano da definire alcuni aspetti. A cominciare da quello delle sanzioni pecuniarie. Somme troppo elevate, senza dare la possibilità ai giudici di valutare le condizioni economiche del giornalista e la situazione dell'impresa editoriale, avrebbero lo stesso effetto dissuasivo del carcere e finirebbero inevitabilmente per esporsi alle censure della Corte europea dei diritti dell’uomo".