Corriere Siena e Arezzo: solo il Cdr firma l'accordo. Fnsi e Ast si rifiutano

La Fnsi e le Associazione regionali di stampa (l'Ast era rappresentata dal vicepresidente, Stefano Fabbri) hanno deciso di non aderire visto l’inspiegabile diniego dell’Azienda ad utilizzare la Cassa integrazione “Covid” che avrebbe dato respiro ai colleghi e allo stesso editore, allontanando ma lasciando aperta per una fase successiva la possibilità di utilizzo della Cig finalizzata ai prepensionamenti. Uno dei punti del piano aziendale fortemente criticato da Fnsi e Assostampa regionali, durante la trattativa, è quello che ha portato con decisione unilaterale dell’Azienda al trasferimento di tutti i redattori del Corriere di Arezzo e del Corriere di Siena a Perugia “salvando”, ma solo per ora, il Corriere di Viterbo: in pratica si sono chiuse le redazioni delle due città toscane ma non le edizioni che saranno confezionate a Perugia.

L' Associazione Stampa Toscana aveva parlato di vera e propria “deportazione” dei giornalisti con un facilmente prevedibile sradicamento delle due testate dalle rispettive realtà territoriali ipotecando seriamente le possibilità di sviluppo dei due quotidiani, frustrando le capacità professionali dei colleghi e lasciando sulle spalle dei soli collaboratori il presidio informativo dal territorio. Era stato necessario, inoltre, un energico intervento del sindacato dei giornalisti toscani per evitare che, violando lo stesso contratto di lavoro, un collega ex art.2 - per il quale non è previsto il lavoro in redazione - fosse trasferito.

Il Comitato di redazione e l’Assemblea dei redattori hanno deciso il via libera al piano, che prevede la Cassa integrazione dal primo novembre al 19 luglio 2021 applicata in misure variabili dal 10% per i caporedattori, vicecaporedattori e capiservizio e al 35% per i redattori. Fnsi, Associazione Stampa Toscana, Associazione Stampa Umbra e Associazione Stampa Romana, pur rispettando l’autonomia delle scelte del Cdr, hanno valutato che l’insieme dell’accordo non sia in grado di rispondere alle esigenze di tutela dell’occupazione, di tenuta e sviluppo di un'importante realtà editoriale come quella del Gruppo Corriere e di salvaguardia delle professionalità che per esso lavorano, decidendo quindi di non sottoscrivere l’accordo.