Fnsi-Ast: norme di comportamento per il coronavirus

L'Associazione Stampa Toscana resta naturalmente a disposizione per eventuali chiarimenti e ulteriori informazioni.

Cari saluti

Sandro Bennucci

 

Federazione Nazionale della Stampa Italiana

Il Direttore

Prot. n. 98/D

 

Ai Comitati e Fiduciari di redazione

e p.c.

alle Associazioni Regionali di Stampa Loro indirizzi

 

OGGETTO: DPCM del 01/03/2020 contenente ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID 19.

 

Come noto, è stato da poche ore pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DPCM del 01/03/2020 contenente ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID 19, nel quale (all'Articolo 3) sono previste le misure di informazione e prevenzione relative all'intero territorio nazionale.

Particolare attenzione merita il comma 2 del suddetto Articolo 3, nel quale è previsto che l'Operatore di sanità pubblica ed i Servizi di sanità pubblica territorialmente competenti – sulla base delle comunicazioni meglio precisate nel decreto - provvedono a prescrivere la permanenza domiciliare secondo le modalità previste dalla norma. La medesima norma prevede che l'Operatore di sanità pubblica ed i Servizi di sanità pubblica territorialmente competenti possano avviare la sorveglianza sanitaria e l'isolamento fiduciario nonché lo stato di quarantena. Nel dettaglio, l'art. 3, comma 2, punto d) del DPCM in commento afferma che in caso di necessità di certificazione per assenza dal lavoro i medesimi soggetti rilascino una dichiarazione indirizzata, anche, al datore di lavoro in cui si dichiara che per motivi di sanità pubblica è stato disposto lo stato di quarantena con indicazione della data di inizio e di fine.

Sulla scorta di quanto sopra evidenziato, risulta confermata anche nel nuovo DPCM 01/03/2020 (che entra in vigore oggi e sostituisce le disposizioni di cui ai DPCM 23 e 25 febbraio 2020 che cessano quindi di avere efficacia) l'interpretazione in basa alla quale l'impossibilità per il lavoratore di svolgere la propria prestazione lavorativa, a causa di una permanenza domiciliare imposta dall'autorità sanitaria, vada ricondotta alla fattispecie in cui il lavoratore viene sottoposto ad un trattamento sanitario e, pertanto, la sua assenza verrà gestita secondo la disciplina della malattia.

Tuttavia, va altresì precisato che nessuna giustificazione può essere riconosciuta al lavoratore assente dal lavoro per mero timore del contagio, senza che ricorra alcuno dei presupposti previsti dalla vigente normativa. In tale fattispecie il lavoratore potrà comunque richiedere permessi o ferie che saranno concessi o negati per i motivi generalmente previsti per questi istituti, senza che possa rilevare il sopra citato timore del contagio.

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Per quanto concerne invece l'impossibilità di prestare la propria attività lavorativa a causa del divieto di accesso in determinate zone oppure in conseguenza del divieto di uscire da un determinato perimetro, in questi casi si concretizza l'impossibilità della prestazione per fatti non imputabili né al lavoratore né al datore di lavoro. La giurisprudenza si è spesso pronunciata al riguardo ritenendo incolpevole sia il lavoratore per l'assenza che il datore di lavoro per l'obbligazione della corresponsione della retribuzione.

Tuttavia, va considerato che l'attuale situazione emergenziale è connotata da elementi di assoluta novità, ivi compresa l'estraneità assoluta di qualsiasi elemento riconducibile a ragioni inerenti le esigenze dei lavoratori oppure le esigenze legate alla produzione. In ragione di ciò, i decreti degli ultimi giorni sono intervenuti più volte, prospettando, quale possibile soluzione, il ricorso al lavoro agile o smart working che oggi riceve l'aggiornamento contenuto all'articolo 4 del DPCM 01/03/2020, in sostituzione delle disposizioni di cui ai DPCM 23 e 25 febbraio 2020 che cessano quindi di avere efficacia.

Con il DPCM entrato in vigore oggi si prevede che la modalità di lavoro agile o smart working - disciplinato dagli articoli 18-23 della legge 22 maggio 2017, n. 81 - possa essere applicata, sull'intero territorio nazionale, anche in assenza degli accordi individuali previsti dalla disciplina di riferimento:

1. per la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei ministri 31 gennaio 2020, pertanto per 6 mesi a far data dal 31/01/2020 (Art.1 delle delibera - Rif. 20A00737, GU Serie Generale n.26 del 01-02-2020);

2. dai datori di lavoro;

3. ad ogni rapporto di lavoro subordinato;

4. con l'assolvimento degli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza (di cui all'art. 22 della L. 81/2017) in via telematica, anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell'Inail.

Pertanto, durante il semestre di cui sopra, i datori di lavoro - con procedura semplificata - potranno attivare sull'intero territorio nazionale lo smart working, anche senza sottoscrivere un accordo scritto con il dipendente e provvedendo all'assolvimento, in via telematica, degli obblighi di informativa sulla salute e sicurezza; fermo restando l'obbligo, sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, di rispettare la disciplina dello smart working di cui alla legge n. 81 del 22/05/2017.

Sarà cura della FNSI monitorare con attenzione eventuali aggiornamenti in argomento, al fine di poter garantire una puntuale informativa al riguardo.

Cordiali saluti.

Tommaso Daquanno