Per portare a termine la monumentale “enciclopedia” (tre volumi per complessive 2100 pagine) c’è voluta la certosina applicazione di due giornalisti esperti e ben predisposti all’impresa come Giovanni Spinoso e Claudio Turrini, che hanno conosciuto il Professore proclamato Venerabile da Papa Francesco, e che, soprattutto hanno sempre ruotato attorno alla sfera lapiriana: il primo già inviato di “Avvenire” e poi redattore della Rai di Firenze;; il secondo per anni caporedattore e vicedirettore del settimanale “Toscana Oggi”. Partendo dai loro osservatorio privilegiato, si sono gettati a capofitto nella sterminata documentazione dell'Archivio La Pira (avviato dalla storica segretaria Antinesca Rabissi Tilli ed alla sua morte fatto lievitare dal figlio Stefano, pure scomparso, ora sostituito da Miche Damanti). Servendosi poi di testimonianze preziose di amici-collaboratori che, con Fioretta Mazzei e Pino Arpioni, sono stati sempre vicini al “profeta di dialogo e di pace”: un valore aggiunto quelle di Oliviero Olivieri, segretario personale del Sindaco in Palazzo Vecchio, di Giorgio Giovannoni, che lo ha accompagnato in molti viaggi all'estero e di Mario Primicerio, al suo fianco nella missione di pace in Vietnam (novembre 1965). Altra fonte importante di consultazione le cronache dei quotidiani dell'epoca. In particolare quelle del “Giornale del Mattino”, del quale fu prima cronista e poi caporedattore negli anni Sessanta, Vittorio Citterich: il Professore lo volle con sé nello storico viaggio a Mosca dell'agosto 1959 e anche quando passò alla Rai rimase sempre suo amico fidato.
Con questa full immersion è stato possibile ricostruire episodi e discorsi sconosciuti, verificare date, nomi, contatti e sottolineare annotazioni del Professore su momenti e iniziative particolari. Molti documenti inediti, tra cui - per la prima volta - i trentotto quaderni-diario. Il primo tomo (776 pagine) ripercorre anno dopo anno la vita del Professore dal 1904 al 1950. Dalla natia Pozzallo agli studi di ragioneria e di giurisprudenza a Messina, fino alla scelta di laurearsi a Firenze nel 1926, con una tesi in Diritto romano, l'apostolato tra i giovani dell'Azione cattolica e l'amicizia con gli ebrei. Dal 1939 al 1940 la pubblicazione della rivista “Principî” contro fascismo e nazismo e la creazione, nel 1943, del foglio clandestino “San Marco”. Dopo l'8 settembre, ricercato dalla polizia politica del regime, La Pira trova rifugio a Fonterutoli nel Senese, ospite della famiglia Mazzei. Rilevante il periodo tra il dicembre 1943 e l'agosto 1944, quando - raggiunta Roma - opera attivamente sotto la protezione di monsignor Giovanni Battista Montini, seguendo a distanza con grande premura la messa del povero di San Procolo. Tornato il 2 settembre 1944 nella Firenze finalmente liberata, assume la presidenza dell'Ente comunale di assistenza. Poi il 2 giugno 1946 viene eletto alla Costituente: qui, con un altro fiorentino (Piero Calamandrei) è protagonista nella stesura della prima parte della nostra Carta costituzionale, proponendo alcuni principi maturati nel confronto con gli altri “professorini” ( Fanfani, Dossetti e Lazzati) nella “comunità del Porcellino”. Ne sperimenterà gli orientamenti come parlamentare e sottosegretario al ministero del Lavoro nel V governo De Gasperi, dal maggio 1948 al gennaio 1950. Altrettanto ricco di curiosità il secondo tomo (710 pagine), centrato sull'esperienza di La Pira Sindaco a Firenze, tra il 1951 ed il 1964: tre mandati caratterizzati dall'attenzione agli ultimi ed ai poveri, dalla difesa del lavoro, del diritto alla casa e della giustizia sociale, ma anche dal dialogo con culture e fedi diverse, orientato dalla bussola di Giovanni XXIII e dell’amico Papa Montini, grandi promotori del Concilio Vaticano II.
Infine il terzo tomo (614 pagine) ripercorre gli anni dal 1965 al 1977, forse i meno conosciuti, che coincidono invece con l'impegno a tutto campo di La Pira per costruire la pace, attraverso il disarmo ed il dialogo tra i popoli. Per questo nel 1967 a Parigi accetta di fare il presidente della Federazione mondiale delle città gemellate, delineando subito l'obiettivo di “unire le città per unire le nazioni”. Motto che, in questi tempi di guerra, rende ancor più attuale il suo insegnamento e il suo modo di fare politica per il “bene comune”.
Antonio Lovascio