L’abate Bernardo Gianni ha aperto questo momento di memoria, richiamando ai numerosi amici e colleghi presenti il grande interesse con cui Enrico Gatta ha partecipato negli ultimi anni agli eventi culturali e spirituali della Basilica, ed in particolare a quelli che hanno caratterizzato nel 2018 i festeggiamenti per il Millennio di una straordinaria avventura di bellezza, di fede e di speranza. Ha sottolineato, infine, il suo impegno nel volontariato con il Progetto Itaca Firenze, che assiste giovani con disagi psichici.
Lorenzo Bertolani e Andrea Ulivi (editor di Meridiana) hanno ripercorso la nascita di “Infinite tracce” come raccolta di materiali (con qualche aggiunta) provenienti da un sito della Rete, con lo stesso titolo, che si perse nel mare magnum del web. Oggi il volume rappresenta la pista di una “officina fiorentina” attenta al farsi intero della cultura italiana di cui Enrico è stato umile, colto e generoso tessitore. E quando un uomo di cultura lascia l’impronta di tali letture intelligenti e appassionate, con l’aggiunta del sapore dell’amicizia, adempie meravigliosamente al suo compito.
Segni evidenti ed indelebili di amicizia e presenza creativa Gatta li ha lasciati soprattutto nel giornalismo, come ha sottolineato Antonio Lovascio, già vicedirettore de “La Nazione” e ora presidente del Gruppo toscano giornalisti pensionati dell’AST. Negli oltre trent’anni trascorsi insieme in Viale Giovane Italia, dove Enrico ha potuto costruirsi rapporti di stima con personaggi come i Maestri Riccardo Muti e Zubin Mehta e con gli organizzatori di mostre ed eventi culturali in tutta Italia. E ancor prima, negli Anni Settanta, nella redazione fiorentina di “Avvenire”: qui Gatta è stato sicuramente un punto di riferimenti per i più giovani che hanno frequentato quella sorta di “laboratorio”, prima di approdare nella professione in altre testate o in Uffici Stampa.