In particolare, si legge, la Corte ha accolto l'impugnazione promossa dall'Inpgi relativamente ad un trattamento la cui liquidazione era stata invece disposta in primo grado a favore di un giornalista. Nel caso di specie, del tutto peculiare, il giornalista aveva peraltro già percepito, da parte del datore di lavoro, l'indennità di mancato preavviso, avendo egli esercitato la facoltà prevista dal contratto di lavoro in caso di dimissioni per matrimonio con diritto al preavviso.
Le motivazioni della Corte, muovendosi lungo la linea storica che riguarda le variazioni intercorse nel corso degli anni all'istituto dell'indennità sostitutiva del preavviso prevista dal contratto nazionale di lavoro e dall'accordo sul fondo contrattuale 'Ex Fissa', confermano integralmente le tesi sostenute dall'ente. In particolare è stato evidenziato che l'accordo del 15 luglio 1985, nel prevedere che l'indennità di mancato preavviso prevista dal contratto sia assorbita dalle prestazioni erogate dal fondo 'Ex Fissa', ha sancito che tali obbligazioni assolvano alla medesima funzione e, pertanto, non siano cumulabili, ma rivestano carattere alternativo: deve quindi essere escluso il diritto alla indennità 'ex fissa' del giornalista il quale, a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro, abbia già percepito l'indennità sostitutiva del preavviso.
Con la seconda sentenza la Corte di Appello di Roma – riformando la decisione del giudice di prima istanza – ha invece confermato la bontà delle risultanze derivanti da un accertamento ispettivo, al termine del quale era stata rilevata un'evasione contributiva riguardante una serie di importi erogati dal datore di lavoro al personale giornalistico dipendente a titolo di 'rimborso spese pasti'.
Nel caso di specie, tali rimborsi non erano stati assoggettati a contribuzione previdenziale e, dalle risultanze ispettive, era emersa l'assenza di giustificativi idonei a comprovare la spesa da rimborsare – trattandosi di importi forfettari – e la mancanza di collegamento con lo svolgimento di incarichi di servizio in trasferta, situazione che avrebbe legittimato l'applicazione di un regime di parziale esenzione fiscale e contributiva dei rimborsi in oggetto.
La Corte ha ribadito ancora una volta il principio in base al quale l'onere di provare la natura delle corresponsioni effettuate in favore dei propri dipendenti (al fine di dimostrarne l'inclusione in una delle casistiche per le quali sussiste l'esenzione dal versamento dei contributi previdenziali) ricade sul datore di lavoro, in quanto – in difetto – vige la generale presunzione di assoggettamento a contribuzione di tutto ciò che viene percepito dal lavoratore, in virtù di quanto stabilito dalla legge.