L'autore spiega:
"Globalizzazione. Quando ho iniziato a capire questo termine e che cosa poteva provocare, sono andato indietro con la memoria. Mi sono chiesto: e i fatti raccontati di una volta? Le parole? Che fine faranno? Siamo in Toscana terra da sempre di viandanti, culla della lingua italiana e del linguaggio popolare schietto. Poi se mi guardo dove sono nato, mi rendo conto di essere al centro della regione. Si parla fiorentino per la forte vicinanza di Empoli, ma anche pisano per l'altrettanto vicinanza di Pontedera, e prima ancora ci sono Montopoli, Santa Maria a Monte, Castelfranco e Santa Croce Sull'Arno; solo un fiume (l'Arno) separa San Miniato da Fucecchio. Mi sono accorto anche che ci sono parole che arrivano persino da Livorno.
Si parla dunque fiorentino-pisano? No. C'è anche l'influenza di Lucca (Altopascio), di Pistoia (Larciano, Lamporecchio), di Siena e della sua provincia. Guarda caso proprio i territori dove passava la Francigena, anche la vecchia Romea. Se c'è un miscuglio del dialetto toscano in questo angolo centrale è anche perché deriviamo tutti da un modo di parlare che si tramanda di generazioni in generazioni. Ai tempi della Francigena, c'erano i bivacchi, poi divenute le osterie; passano gli anni, ecco i ritrovi, poi i bar, poi circoli, ora siamo all'apericena. Cambiano i modi di ritrovarsi, ma non quello di scambiarsi le parole. Prima c'erano le parole “povere” dei contadini, ricche di effetto, quella col caffè corretto allo “stòcche” o al sassolino, ora siamo nel pieno dei mezzi di comunicazione (social), per cui si sono aggiunte altre frasi, altri modi di dire. Ma i vecchi modi di dire resistono nelle famiglie più numerose, e piacciono ancora oggi, perchè risvegliano la memoria. Ci sono ancora zii e nonni e nonne che conservano quelle parole tipo: “Comèsse?, Ti gàrba?” Le abbiamo solo in parte riportate. Non potevano essere tutte. Ma almeno “mìci sono provàto”.
Giornalista dagli anni ottanta, dal 1984 data della sua prima iscrizione all'Albo dei Giornalisti della Toscana, Franco Polidori è stato per molti anni corrispondente per la zona del comprensorio del cuoio del Quotidiano Il Tirreno, seguendo cronaca, politica, avvenimenti vari e sportivi.
Ha lavorato anche in Radio, in particolare a Radio Quattro, emittente regionale, poi divenuta Radio Bruno, ora network radiofonico nazionale.