«Dal 10 marzo 2024 entrerà in vigore la nuova legge bavaglio che ha
recepito 'l'emendamento Costa' e il governo avrà sei mesi di tempo per
convertirla in un decreto legislativo. Da quel momento i cittadini saranno meno
informati e la democrazia in Italia sarà più debole. Questo nuovo atto
legislativo rappresenta un grave pericolo per la nostra democrazia e per tutti
noi che vorremmo una informazione più libera e di maggiore qualità. Per questa
ragione siamo decisi a non arrenderci e a continuare la battaglia contro tutte
le norme bavaglio chiedendo l'intervento della Ue che si appresta ad approvare
il Media Freedom Media Act delineando nuove direttive per la tutela della
libertà e del pluralismo dell'informazione in Europa». È quanto si legge in un
documento dei promotori della raccolta di firme contro la 'norma Costa',
sostenuta anche da Fnsi, Rete NoBavaglio e altre associazioni, che in poche
settimane ha fatto registrare quasi 50mila adesioni.
«La petizione europea – prosegue il documento – chiederà all'Europa di
esaminare la legge bavaglio introdotta in Italia e di valutarne la
compatibilità con i principi europei di libertà di stampa e di informazione.
Considerando che la normativa italiana si pone in palese violazione della
direttiva Ue 2016/343 sulla presunzione d'innocenza e la libertà di stampa, la
petizione europea chiederà, inoltre, all'Europa di formulare un invito alla
revisione di questa legge italiana e, se necessario, di avviare una procedura
di infrazione europea».
In Italia, una parte della politica non ha saputo né voluto ascoltare l'appello
lanciato da Fnsi, Usigrai, Ordine dei giornalisti e sostenuto da decine di
associazioni e organizzazioni: dalla Rete NoBavaglio ad Articolo 21, MoveOn,
all'Arci, a Libera a Legambiente fino a Cgil, LiberaInformazione, Collettiva e
tante altre testate giornalistiche (qui l'elenco delle adesioni).
Un appello che grazie alla petizione pubblicata su change.org, ha raccolto in
poche settimane il consenso di circa 50mila cittadini. Con firme autorevoli del
giornalismo d'inchiesta come: Fiorenza Sarzanini, Carlo Bonini, Lirio Abbate,
Riccardo Iacona, Sigfrido Ranucci, Sandro Ruotolo, Corrado Formigli, Marco
Damilano, Peter Gomez, Mauro Biani e tanti altri. Alla mobilitazione hanno
aderito esponenti del sindacato come Maurizio Landini e anche i principali
leader politici della sinistra e dell'area progressista dentro e fuori il
Parlamento: Elly Schlein, Nicola Fratoianni, Angelo Bonelli, Massimiliano
Smeriglio, Luigi De Magistris, Ilaria Cucchi, Alessandra Maiorino, Maurizio
Acerbo, Marta Collot, Mauro Alboresi. E neppure è valso il pronunciamento di autorevoli
giuristi come quello dell'ex vice presidente emerito della Corte Costituzionale
Paolo Maddalena.
«Tutte voci autorevoli – incalza il documento – rimaste però senza ascolto.
Così in base alle nuove normative noi cittadini potremmo conoscere sempre meno
notizie rispetto fatti gravi che emergono in importanti inchieste su
corruzione, su malapolitica, imprenditoria, poteri forti, su mafia e colletti
bianchi. Ma anche su molestie e violenze sessuali che sono servite a
incoraggiare tante donne a denunciare. Difficilmente potremo essere informati
nel dettaglio circa le accuse contenute in indagini importanti come quelle
sulle commesse d'oro dell'Anas, sul crollo del Ponte Morandi, sullo scandalo
delle toghe e le nomine al Csm, sull'arresto e sulle protezioni di Matteo
Messina Denaro, su Mondo di Mezzo, Calciopoli, Lady Asl, sulla speculazione sul
terremoto dell'Aquila. Noi però non ci stancheremo mai di ripetere che il
divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare fino alla fine
dell'udienza preliminare, previsto dalla norma proposta dal deputato di Azione,
Enrico Costa, rappresenta un provvedimento grave che non solo colpisce e limita
il lavoro dei giornalisti, ma soprattutto il diritto dei cittadini ad essere
informati e rendendo più indifese le stesse persone private della libertà. A
questo si aggiunge il ddl Nordio che prevede un nuovo divieto per la
pubblicazione delle intercettazioni».
Concludono i promotori dell'iniziativa: «L'Italia è al 41° posto per libertà di
stampa nel mondo: quante posizioni siamo disposti ancora a perdere? Noi
crediamo che una forma matura di democrazia debba favorire e non limitare la
possibilità di accedere e di verificare informazioni e notizie. Per questa
ragione, guardando all'Europa, abbiamo deciso di rivolgere una nuova petizione
alla Ue al tempo stesso stiamo valutando modi e tempi, per tutelare le
prerogative dell'articolo 21 della Costituzione, per ricorrere alla Corte
Costituzionale e alla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo».