Margherita Cassano, le tappe di una grande carriera. Negli appunti di due cronisti di giudiziaria: Franca Selvatici e Mario Del Gamba

Due storici cronisti, Franca Selvatici e Mario Del Gamba, ne hanno ripercorso le tappe negli articoli scritti per la Newsletter dell'Associazione Stampa Toscana, che molto volentieri pubblichiamo anche come testimonianza viva del lavoro svolto, da chi ha raccontato capitoli fondamentali delle vicende giudiziarie degli ultimi 50 anni. 

 

Dal piccolo ufficio in San Firenze i primi successi contro i boss della droga

di Franca Selvatici

Nei terribili anni ’80 la procura di Firenze si trovò ad affrontare il terrorismo nero e il terrorismo rosso, la strage sul rapido 904 del 23 dicembre 1984, l’omicidio dell’ex sindaco repubblicano Lando Conti, ucciso il 10 febbraio 1986 dalle Brigate Rosse, la piaga dei sequestri di persona, gli atroci delitti del mostro di Firenze, i primi segnali di infiltrazioni mafiose in Toscana. All’epoca i magistrati della procura lavoravano in locali del tutto insufficienti al secondo piano del palazzo del tribunale, l’ex convento di San Firenze. Le donne magistrato erano tre: Silvia Della Monica (a cui il mostro inviò nel settembre ’85 un lembo di seno di Nadine Mauriot, la sua sedicesima vittima), Emma Boncompagni e Margherita Cassano, la più giovane, arrivata in procura nel 1981, a 26 anni. Se la memoria non inganna, poiché non c’erano stanze a sufficienza, due di loro condividevano lo stesso ufficio. Silvia Della Monica e Margherita Cassano, poi affiancate da Giuseppe Nicolosi (futuro pm delle stragi mafiose del ’93 e attuale procuratore di Prato), si occupavano di criminalità organizzata.

Il 21 gennaio 1983, grazie a una segnalazione giunta dagli Stati Uniti, la polizia sequestrò 81 chili di eroina (una quantità enorme per l’epoca) in un piccolo calzaturificio a Sant’Angelo a Lecore. L’analisi dell’agenda del titolare portò gli inquirenti a un potente boss palermitano, Masino Spadaro, re del quartiere palermitano della Kalsa, che fu arrestato in giugno, qualche mese prima che la polizia bloccasse in Brasile Tommaso Buscetta (23 ottobre ’83). Spadaro era un boss di alto livello, storico contrabbandiere di sigarette, che si definiva “il Gianni Agnelli di Palermo” perché , a suo dire, dava lavoro a centinaia di giovani. In seguito fu condannato per l’omicidio di un maresciallo dei carabinieri, Vito Ievolella, che aveva scoperto i suoi interesse nei traffici di droga. L’inchiesta sugli 80 chili di eroina, condotta da Margherita Cassano e Silvia Della Monica, fu uno dei primi flash sulle infiltrazioni mafiose in Toscana.

Dodici anni più tardi, il 20 settembre 1995, Silvia Della Monica e Margherita Cassano, affiancate dal procuratore Piero Vigna e dai carabinieri del Ros, presentarono i risultati dell’Operazione Pilota, “la migliore, la più prolungata, la più pericolosa, la più proficua”, la definì Vigna. Alle loro spalle erano allineati i panetti di cocaina provenienti dalla Colombia e sequestrati dal Ros: una montagna di droga, mille chili, il sequestro più importante mai eseguito fino ad allora. In seguito scoppiarono polemiche. Alcuni legali degli arrestati contestarono la presenza, nelle trattative con i narcos, di un agente provocatore. Ma il risultato era eclatante e quel giorno i tre magistrati fiorentini ricevettero una telefonata di elogi dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. 

Nel 1998, Margherita Cassano lasciò dopo 17 anni la procura di Firenze. Candidata da Magistratura Indipendente, era stata eletta al Csm. Nel 2003, dopo l’esperienza nell’organo di autogoverno della magistratura, divenne consigliere di Cassazione. Fra le centinaia di sentenze di cui è stata relatrice c’è anche quella della condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri. Tornò a Firenze nel 2016 da Presidente della Corte di Appello. Ora lascia di nuovo la città in cui è nata, in cui ha studiato e lavorato per molti anni, per ricoprire l’incarico prestigioso di presidente aggiunto della Corte di Cassazione.  

Nella sua ultima relazione nel corso della cerimonia che si è svolta il primo febbraio scorso per l’Inaugurazione dell’Anno Giudiziario,  c’è un passo che riassume la sua idea – e il suo ideale – di magistrato. Nel salutare i giovani magistrati in tirocinio rivolse loro l’augurio “di mantenere sempre intatta la tensione ideale, la curiosità intellettuale, l’attitudine all’ascolto e all’empatia con l’umanità dolente che si affaccia quotidianamente alle nostre aule di giustizia e di rifuggire da quel malinteso senso di orgoglio della funzione che il giudice Domenico Riccardo Peretti Griva additava come una malattia che mina ‘quel senso critico, quella sensibilità umana e quel timore costante di errare’, che devono salvaguardare la funzione ‘pressoché sovrumana’ del giudicare gli altri”. 

L'insegnamento di suo padre Pietro e la grande squadra di Vigna

di Mario Del Gamba

La nomina di Margherita Cassano a primo presidente aggiunto della Corte di Cassazione, vertice mai raggiunto finora in Italia da una donna, mi ha dato modo di tornare indietro di tanti anni, addirittura al 1980 quando da cronista giudiziario de La Nazione ebbi il privilegio di conoscere e frequentare parallelamente, sia lei, praticamente all'esordio in magistratura, che il padre Pietro tetragono presidente della Corte d'Assise di Firenze. E quindi seguirne le carriere quando Margherita ebbe modo di distinguersi fin da allora per la sua professionalità tanto da entrare subito  a far parte del pool di PM della procura capitanata da Pierluigi Vigna, anche lui destinato a raggiungere i vertici della magistratura inquirente. Un pool in cui andò ad affiancare Silvia Della Monica, creando un duo che capeggiò delicate inchieste finalizzate a combattere il traffico internazionale di stupefacenti e le infiltrazioni della criminalità organizzata, andando ad aggiungersi agli altri colleghi fra cui Ubaldo Nannucci (poi successore di Vigna) il compianto Gabriele Chelazzi, distintosi per aver fatto luce, insieme a Giuseppe Nicolosi (attuale capo della Procura di Prato), sugli  autori delle stragi mafiose del 1993 di  Firenze, Roma e Milano. Nel pool erano compresi anche Francesco Fleury, Paolo Canessa, principale inquirente dell'inchiesta sul mostro di Firenze, e Alessandro Crini (oggi procuratore capo a Pisa).

Ma tornando a Margherita Cassano va riconosciuto che fin dall'inizio ha dimostrato di aver ereditato, seguendone fedelmente le orme, le granitiche doti morali e giuridiche del padre dimostratosi vero baluardo di giustizia anche durante i difficili anni di piombo quando si trovò ad affrontare ardui processi di terrorismo distinguendosi in particolare nel dirigere il dibattimento nei confronti degli affiliati di Prima Linea (molti dei quali confluiti  poi nelle Brigate  Rosse). Un processo irto di difficoltà con udienze burrascose con gli imputati che dalle gabbie urlavano insulti e minacce nei confronti dei giudici ma che nonostante ciò Pietro Cassano condusse con il suo consueto tono pacato ma fermo ed inflessibile nei valori della giustizia. Ed è giusto ricordare che in questo difficile periodo Pietro Cassano visse anche sotto scorta a protezione della sua incolumità dopo le numerose minacce ricevute. Minacce estese, lo ricordo bene, anche ai giornalisti, in particolare alla collega Franca Selvatici e al sottoscritto. Ma con la sua tempra di irremovibile uomo di legge seppe dirigere anche altri impegnativi processi come quelli  a carico dell'organizzazione criminale dell'Anonima sequestri sarda che per alcuni anni terrorizzò la Toscana con vari rapimenti di persona a scopo di estorsione (di cui furono vittime anche dei bambini). Rapimenti che in alcuni casi si conclusero  tragicamente con la morte dei sequestrati come l'orrenda fine destinata ad un noto imprenditore tessile di Prato dato in pasto ai maiali nonostante che i familiari avessero già pagato i miliardi di  riscatto richiesti.

Sembra che i criminali avessero deciso di far sparire ogni traccia del malcapitato per il sospetto che durante la cattura abbia riconosciuto fra i rapitori un suo ex operaio. E dunque di Pietro Cassano ho seguito la carriera fino alla sua andata in pensione, mentre parallelamente frequentavo professionalmente l'attività inquirente della figlia finchè non ha lasciato Firenze per scalare le mète della magistratura arrivando fino al CSM. Poi  sempre più ai vertici con la nomina a presidente della Corte d'Appello di Firenze nelle cui funzioni  l'associazione stampa toscana ha avuto modo di apprezzarne le decisioni che hanno permesso ai giornalisti e collaboratori di seguire anche con riprese televisive i  processi in  corso a palazzo di giustizia. Inoltre da sottolineare anche gli ottimi rapporti intercorsi con il nostro presidente Sandro Bennucci. Ora Margherita Cassano lascia nuovamente Firenze per stabilirsi a Roma ed intraprendere l'oneroso compito di riportare la magistratura all'antico prestigio oggi compromesso dai burrascosi eventi degli ultimi tempi che hanno visto coinvolti anche vertici dell'istituzione compresi anche magistrati del CSM. Un periodo con molte ombre che sta destando vivo sconcerto nel paese e offerto il destro a immancabili speculazioni politiche tanto da chiamare in causa perfino il Capo dello Stato Mattarella sollecitandolo a decisioni risolute ed immediate. L'onere spetterà naturalmente al massimo vertice della magistratura ossia ai neo eletti Pietro Curzi primo presidente della Cassazione con a fianco Margherita Cassano. E sarà ancora una volta per lei seguire le orme paterne con i suoi insegnamenti di irremovibile fermezza allorchè dovrà prendere decisioni  anche drastiche per imprimere la svolta decisiva per riportare fiducia e credibilità nella magistratura.