“Vita del confinato che diventa pittore”, nuovo libro di Nicola Coccia. Presentazione il 4 novembre

Il dramma di un triestino con genitori sloveni e di un intero popolo - che Mussolini voleva annientare per cancellarne la cultura e la lingua -  diventano il simbolo di un’epoca da non dimenticare. Così la storiografia dell’Antifascismo e della Resistenza si arricchisce di nuove pagine con il libro di Nicola Coccia , che per le edizioni Ets ha appena pubblicato “Vita del confinato Luigi Spacal che davanti alla morte diventò pittore” (pagine 204, euro 18). Lo presenterà lunedì 4 novembre alle ore 17.30 a Firenze presso la Libreria Gioberti in un evento condotto da Marcello Mancini. 

Con il puntiglio e la precisione del cronista di vecchio stampo (ha passato più di trent’anni  a ricostruire nella cronaca fiorentina de “La Nazione”  i delitti del Mostro,  il terrorismo in Toscana ed i fatti di  vita quotidiana) Coccia ha completato una sorta di trilogia iniziata  con L’arse argille consolerai. Carlo Levi, dal confino alla Liberazione di Firenze attraverso testimonianze, foto e documenti inediti (2016), con cui ha vinto il Premio Carlo Levi, e Strage al masso delle fate. Ottone Rosai, Bogardo Buricchi ed Enzo Faraoni dal 1933 alla Liberazione di Firenze (2021). Opere di grande interesse e di successo editoriale per la ricca documentazione recuperata da raccolte pubbliche e familiari.


  Andato in pensione, in questi ultimi dieci anni Nicola si è consumato in ricerche d’archivio e nella registrazione di testimonianze sull’asse Firenze-Matera-Trieste.  Colleghi ed amici sanno che la Lucania (oggi Basilicata) di  Carlo Levi, dove  il Duce aveva confinato l’autore del capolavoro letterario  “Cristo si è fermato a Eboli” , per Coccia  è ormai diventata una sorta di seconda casa.


 Frequentando Aliano e visitando più volte la provincia di Matera, ha scoperto Accettura (oggi conta poco più di 1600 anime) e la storia di Luigi Spacal, che, dopo l’arresto nel 1930 per cospirazione contro lo Stato,  proprio nel paese sulla montagna materana ha vissuto alcuni anni da confinato, trovando lavoro come falegname. Circondato da boschi e foreste, secondo la narrazione dell’autore Accettura si ripopola solo per il matrimonio fra due alberi, un rito millenario, sacro e profano, durante il quale l’uomo celebra la natura. Il primo che documenta la festa, quasi cento anni fa, è proprio Spacal, che davanti alla morte di una bambina scopre la vocazione pittorica.  Con l’arte durante la dittatura manifesta tutta la sua ripulsa di fronte ai brutali  strumenti di oppressione del fascismo che vuole annientare un’intera comunità. Dipingendola ogni giorno  pensa di tenerla in vita. Col tempo diventa così uno dei più grandi, se non il più grande pittore della sua terra, alla quale è stato sempre legato nonostante l’affermazione internazionale .


 Alla pittura ed alle fotografie di Spacal -  scomparso nel  Duemila a 93 anni -  si deve la riscoperta visiva del Carso, con i suoi campi sassosi, i muretti a secco, i tetti calcarei, i pozzi, i ballatoi; e dell’Istria con le sue barche, i porti, le saline. Nel dopoguerra  Spacal interpretò un significativo ruolo di raccordo nei non facili rapporti tra Italia e Jugoslavia. Ed i suoi concittadini di Trieste (dove 86 anni fa Mussolini annunciò le Leggi razziali) oggi gliene rendono ancora merito onorandone la memoria.